Ciclo di conferenze di Semiotica A.A. 2016-2017
Pubblicato: 23 Novembre 2016
Un ciclo di conferenze sulla Semiotica organizzato dalla Prof.ssa Francesca Polacci all’interno del corso di Semiotica, ma aperto anche a tutti gli altri studenti ISIA. Ciascuna conferenza rilascerà 0,3 CFA ai partecipanti ISIA (ad eccezione degli studenti del 2° corso), secondo le modalità previste dal Regolamento.
L’accesso è libero anche per gli esterni, previo iscrizione tramite mail all’indirizzo: workshop@isiadesign.fi.it
Tutti gli incontri si terranno presso l’ISIA di Firenze, Scuderie di Villa Strozzi Via Pisana 79 – Firenze.
venerdì 25 novembre 2016, ore 14.30-18.15
Daniele Salerno
Paternità e storia. Morte e ritorno del padre nella rappresentazione cinematografica e televisiva della storia italiana contemporanea
L’analisi della rappresentazione della figura del padre può dirci come una società pensa la figura dell’autorità, la propria origine ed elabora la memoria del passato, articolando diverse epoche e passaggi intergenerazionali. Secondo Angela Dalle Vacche, la cultura italiana ha spesso rappresentato il passato attraverso “la trama del mito edipico”. Lavorando su questa ipotesi, molti studiosi (per esempio Mary P. Wood e Alan O’Leary per il cinema o Demetrio Paolin e Beverley Allen per la letteratura) hanno interpretato le rappresentazioni del passato italiano recente (1970-1990) in tv e al cinema come narrazioni omosociali (recentemente questa chiave di lettura è stata sviluppata da Catherine O’Rawe) che pongono la violenza politica e il disordine sociale sulla sfondo delle relazioni tra generazioni e in particolare tra padri e figli (sulla maternità si veda invece Ruth Glynn). Questo paradigma interpretativo è stato utilizzato per l’analisi di film e serie televisive che hanno al centro la storia italiana recente. Per alcune figure storiche – come Aldo Moro, Luigi Calabresi o Giorgio Ambrosoli – il ruolo tematico del padre è divenuto centrale nella rappresentazione: questo accade in film come Buongiorno, notte (Bellocchio 2003) o in serie televisive come Qualunque cosa succeda (Negrin 2014). Allo stesso tempo vengono proposte figure finzionali in cui l’articolazione del ruolo della genitorialità, sul piano privato, va di pari passo con le alterne vicende della storia politica del paese (per esempio ne Gli anni spezzati [Diana 2014] o in La meglio gioventù [Giordana 2003]).
Nel corpus di testi visivi che selezionerò (da classici come Colpire al cuore [Amelio 1982] a testi televisivi recenti come Romanzo criminale. La serie [Sollima 2009-2010] e 1992 [Gagliardi 2015]), mi concentrerò sulla rappresentazione del periodo storico che va dal 1969 (l’anno di Piazza Fontana) agli inizi degli anni ‘90 (la caduta della Prima Repubblica). Analizzerò il rapporto tra la narrazione di alcuni passaggi epocali e la rappresentazione della figura paterna, sia sul piano dell’articolazione valoriale sia nelle forme della rappresentazione visiva. Vedremo come i testi suggeriscano delle interpretazioni profonde di ciò che è avvenuto in quegli anni della storia repubblicana e come tali interpretazioni si siano poi trasformate nel corso del tempo attraverso l’elaborazione di diversi modelli di “paternità” e “maschilità”.
Daniele Salerno ha conseguito il dottorato di ricerca in discipline semiotiche nel 2009 con una tesi sul discorso della sicurezza dopo l’11 settembre (Terrorismo, Sicurezza, post-conflitto. Studi semiotici sulla guerra al terrore, pubblicato nel 2012 da Librerie universitarie). È assegnista di ricerca presso la Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna e lavora sui temi della memoria culturale e del trauma all’interno del gruppo di ricerca TraMe (Centro di ricerca su memoria e traumi culturali) e InteRGRace (Gruppo di ricerca su razza e razzismi).
venerdì 2 dicembre 2016, ore 14.30-18.15
Giacomo Tagliani
Il montare e il credere: strategie discorsive dell’opera d’arte nell’epoca della sua producibilità tecnica
Come può l’immagine digitale, nell’era della “producibilità tecnica” dell’opera d’arte, attestare la realtà? Con la fine del “realismo ontologico” del cinema, la possibilità di testimoniare il mondo sembra essere esposta a un duplice rischio: da un lato, grazie alla diffusione delle tecnologie leggere, un’illusione di coincidenza tra immagine e realtà; dall’altro, a causa della manipolabilità completa di ogni riproduzione digitale, uno scetticismo radicale nell’efficacia testimoniale dell’immagine. Di fronte a questo panorama, possiamo noi, in quanto spettatori, recuperare una forma di fiducia tanto nell’immagine quanto nel mondo, conservando allo stesso tempo un atteggiamento critico verso le rappresentazioni visive? Il seminario intende ripercorrere la grande opposizione proposta dalla teoria cinematografica tra “montaggio sovrano” e “montaggio proibito” alla luce delle strategie di veridizione e dei regimi di credenza condivisi in relazione alle immagini filmiche del passato e del presente. L’obbiettivo è dunque quello di delineare sommariamente i contorni di nuove e specifiche forme di realismo emerse in questi ultimi anni: un realismo che non è più definito su base ontologica, ma piuttosto da condizioni sociali e culturali.
Giacomo Tagliani è docente di Linguaggi e tecniche dell’audiovisivo, Nuova Accademia di Belle Arti (NABA), Milano. Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Studi sulla Rappresentazione Visiva presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze nel 2013 ed è membro del Centro di Semiotica e Teoria dell’Immagine “Omar Calabrese” presso il Dipartimento di Scienze Sociali, Politiche e Cognitive dell’Università degli Studi di Siena. È stato visiting scholar presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi (2011/2012) e il California Institute of the Arts di Valencia – Los Angeles (2012/2013), dove ha svolto ricerche nei campi dell’estetica, dell’antropologia dell’arte e della teoria critica. È autore della monografia: Homeland. Paura e sicurezza nell’epoca della Guerra al terrore (Roma, 2016), e curatore del libro: Lo spazio del reale nel cinema italiano contemporaneo (Genova 2009). Ha pubblicato saggi e articoli sul cinema politico, sulla teoria dell’arte e sui rapporti tra cinema e pittura in volumi collettivi e riviste internazionali.
venerdì 16 dicembre 2016, ore 14.30-18.15
Stefano Jacoviello
“Sotto la copertina. Immagini che coprono o scoprono la musica”
Storicamente, fin dalla loro nascita le case discografiche hanno tentato di costituire la loro identità attraverso la creazione di un “sound” che andasse a ritagliare una parte dell’universo sonoro contemporaneo. Questo segmento, che individua più o meno precisamente la confezione di una proposta artistica, doveva poi corrispondere alla fetta di mercato che la casa discografica intendeva marcare e occupare, considerando la specifica caratteristica per cui nel mercato musicale gli oggetti in vendita coincidono con delle idee. Dopo aver messo in chiaro la relazione fra sound e brand, passeremo in rassegna una serie di copertine di dischi di jazz pubblicati fra la fine degli anni ’40 e i ’70 per capire come, attraverso la grafica e i riferimenti iconografici, riuscissero a comunicare i tratti estetici, etici e politici di una musica che riconosceva nell’etichetta un marchio di identità. Concluderemo provando a testare l’efficacia di quei dispositivi e strategie di comunicazione sulla realtà attuale del mercato musicale.
Stefano Jacoviello insegna Semiotica della Cultura presso l’Università di Siena, Teorie e tecniche della comunicazione musicale presso Siena Jazz University, e collabora con la direzione artistica dell’Accademia Musicale Chigiana, dove è responsabile dei progetti culturali e media. Con un approccio che incrocia la semiotica con l’antropologia e la teoria dell’immagine, scrive di musica antica e contemporanea, di ethno e di jazz. Conduce diversi progetti di ricerca internazionali sul rapporto fra identità e arti performative in Europa (playingidentities.eu). Scrive musica per la scena teatrale, video e installazioni.